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Annalisa Grasso
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L’ernia cervicale è una patologia molto comune a carico dei dischi intervertebrali, cuscinetti ammortizzatori che si interpongono tra una vertebra e l’altra.
Ogni disco intervertebrale è costituito da 2 parti: un anello fibroso esterno (l’anulus) ed una parte interna gelatinosa (il nucleo polposo).
Quest’ultima ha la funzione di rispondere alle forze in compressione, torsione, flesso-estensione che la colonna riceve, distribuendole in modo uniforme al disco intervertebrale ed alle vertebre stesse.
Quando le sollecitazioni sono troppo forti o il disco si usura per degenerazione, l’anello fibroso si può rompere con fuoriuscita del nucleo: e’ questo il fenomeno dell’ernia.
Il fenomeno erniario modifica la fisiologia articolare della colonna cervicale, irritando o comprimendo a volte anche le radici nervose del livello vertebrale interessato, con sintomi caratteristici di tipo neurologico.
Nonostante si tratti di una patologia benigna, l’ernia al disco cervicale può rivelarsi un disturbo altamente invalidante.
Il rachide cervicale è formato da 7 vertebre che collegano il capo con il dorso.
Le prime 2 vertebre cervicali, denominate atlante (C1) ed epistrofeo (C2), costituiscono il tratto cervicale superiore: in questa sede, non essendo presente alcun disco, non esiste rischio di formazione erniaria.
Al contrario, le ernie possono originarsi nella parte inferiore del rachide cervicale, cioè dalla terza alla settima vertebra cervicale.
Nello specifico, i dischi più spesso sofferenti sono quelli tra C5-C6 e C6-C7, a causa della loro maggiore mobilità e delle maggiori sollecitazioni cui sono sottoposti.
Anche se il segno più importante dell’ernia al disco cervicale è il dolore, ci sono ernie asintomatiche il cui esordio clinico si manifesta per traumi o intense sollecitazioni del collo.
Il fenomeno erniario, modificando la fisiologia del movimento degli anelli vertebrali e delle vertebre stesse, determina un sovraccarico delle faccette articolari e contratture muscolari.
Questa situazione genera inevitabilmente perdita di mobilità e dolore persistente ed intenso al collo, posteriormente, obbligando la persona all’ immobilità ed uso di farmaci. Lo stesso riposo, tuttavia, non sempre risulta essere efficace.
Il dolore può essere accompagnato da altri sintomi nel momento in cui l’ernia comprime o irrita le radici nervose:
Nei casi gravi, l’ernia del disco ha sintomi ancora più intensi. dettati dall’invasione del canale cervicale e dalla conseguente compressione del midollo osseo. In tal caso, i sintomi dell’erniazione possono ripercuotersi anche sulla gamba (mieloradicolopatia).
Esistono 2 tipologie distinte di ernia cervicale:
A seconda dell’entità del danno dell’anello fibroso e del nucleo polposo, le ernie possono essere classificate in:
Tra le cause principali dell’ernia al disco cervicale troviamo:
Età: data l’elevata incidenza di eventi traumatici ed attività di carico, l’ernia cervicale si manifesta principalmente tra i 30 e 40 anni. Si passa poi al di sopra dei 65 anni per patologie degenerative.
Cattiva postura: una postura scorretta determina un’alterazione del carico sui dischi.
Obesità: l’Aumento del carico sui dischi è anche in funzione del peso corporeo.
Fumo: il fumo di sigaretta aumenta lo stress ossidativo e la patologia degenerativa.
Sedentarietà: una vita sedentaria determina indebolimento del tono muscolare, alterazioni postulare e molto spesso aumento del peso corporeo.
Bibliografia:
– https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29083805/
– https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK546618/
– https://mayfieldclinic.com/pe-hcdisc.htm
– https://www.emoryhealthcare.org/orthopedics/cervical-herniated-disc.html
Autore: Dottoressa A. Grasso – fisioterapista
Fisioterapista da 20 anni, specializzata nella terapia manuale e posturologia.
Negli anni ho avuto modo di lavorare sia per la sanità pubblica che come libera professionista, prevalentemente al domicilio della persona assistita.
Il mio obiettivo è stato da sempre quello di comprendere come funzioniamo, le nostre relazioni interne tra organi, sistemi, visceri e il rapporto con le nostre emozioni nonché con l’ambiente esterno.
Di fatto, che si tratti di una rieducazione ortopedica, neurologica, disturbi viscero-somatici o psico-somatici, il fisioterapista si pone sempre nella relazione di aiuto interfacciandosi con tutte queste connessioni, al fine di restituire un equilibrio e un’omeostasi della struttura fisica, nonché libertà di movimento e autonomia personale.
Fisioterapista